Se questa legge venisse approvata, sostengono i suoi critici, il governo potrebbe diventare schiavo delle richieste cinesi e chi viene sospettato di un reato potrebbe essere processato secondo un sistema giudiziario molto diverso da quello in vigore a Hong Kong. Nella città, per esempio, nessuno può essere condannato alla pena di morte che è stata abolita nel 1993; in Cina, invece, questo sarebbe possibile. Potrebbe interessarti anche
C'è poi, sul piano economico ma politico insieme, la questione del dollaro. Dal 1919 (o dal 1945, a seconda di come si voglia ragionare) la moneta americana è il principale strumento di scambio internazionale: in dollari è nominato, per esempio, il prezzo del petrolio. L'euro non è riuscito, per vari motivi, a scalzare questo primato (e a incassarne i relativi vantaggi). Ma Pechino potrebbe provare a candidare la propria moneta per questo ruolo. O potrebbe – la proposta è stata fatta uscire in questi giorni – lanciare una valuta virtuale sovrana, come la "libra" di Facebook, per sostituire il dollaro nei pagamenti internazionali… Il peso e la portata di tali questione aiutano a comprendere il grande agitarsi mediatico del presidente americano, e il simmetrico silenzio cinese… Le questioni territoriali sono un altro capitolo caldo. Gli Stati Uniti, fin dalle crisi del 1958, sono formalmente impegnati a garantire la libertà e l'indipendenza di Taiwan e delle altre piccole isole, vicinissime alla costa della Cina continentale; e a Taiwan dispongono di forze militari praticamente illimitate.
Fino al 1997 Hong Kong era una colonia britannica, con un'economia di impronta occidentale, un sistema giuridico e legislativo basato sul modello inglese. Nel 1984 Cina e Regno Unito firmarono una dichiarazione congiunta che stabiliva che il 1°luglio del '97 Hong Kong sarebbe stata restituita alla Cina, che nel 1898 aveva ceduto ai britannici i suoi territori per 99 anni. L'accordo prevedeva anche che per 50 anni, e dunque fino al 2047, Hong Kong avrebbe dovuto mantenere una propria autonomia diventando una regione amministrativa speciale cinese. La Cina si era impegnata a rispettare questa autonomia, anche se da anni, cerca comunque di allargare la propria influenza sul territorio. L'esempio più eclatante di questa condotta risale al 2014 quando Pechino ha proposto di riformare il sistema elettorale di Hong Kong dando al Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo il compito di pre-selezionare 3 candidati per il ruolo di Capo Esecutivo. Non solo, Una volta eletto dalla popolazione tramite elezioni, il vincitore avrebbe dovuto essere formalmente nominato dal governo centrale prima di assumere ufficialmente la carica.
Nello stesso Mar Cinese meridionale, per altro, la Repubblica popolare ha avviato una delicata partita di rivendicazioni territoriali, in particolare sulle isole Paracelso, contese anche da Vietnam e Filippine. I contenziosi sono aperti da decenni: ma possono diventare da un giorno all'altro pretesto per chiunque volesse approfittare della fragilità diplomatica. Grazie a Trump il mondo ha perso di vista il multilateralismo e una visione sovranazionale dei problemi, per affidarsi invece ad "accordi bilaterali" che, per adesso, non hanno fruttato grandi risultati: né in Medio Oriente né in Afghanistan, né nel confronto con la Corea del Nord. E ancor meno con l'Iran. Che c'entra Hong Kong con questi scenari? L'isola e i Nuovi Territori sono presenti in ciascuno di essi; e in questo momento sembrano essere il terreno su cui lo scontro indiretto delle politiche globali e degli interessi finanziari possono essere celebrati senza troppi danni collaterali. Se la nuova guerra fredda è soprattutto economica, la piazza di Hong Kong è davvero – purtroppo – il campo di battaglia ideale.
Nei mesi luglio-agosto-settembre il Prodotto Interno Lordo è sceso del 3, 2% sul trimestre precedente e del 2, 9% anno su anno, dopo il -0, 5% del periodo compreso tra aprile e giugno. Il governo è stato dunque costretto a rivedere al ribasso le stime. Secondo le nuove previsioni il Pil nel 2019 dovrebbe contrarsi dell'1, 3%. Tutti i principali dati sono in negativo. Soffre in particolar modo il turismo, calato ad agosto del 40%. Consumi privati, investimenti fissi ed esportazioni di merci e servizi nel trimestre sono letteralmente crollati rispettivamente del -3, 5%, -16, 3%, -7, 0% e -13, 7%. Negli ultimi sei mesi la borsa di Hong Kong, la quarta piazza finanziaria al mondo dopo il Nyse, il Nasdaq e la Borsa di Tokyo, ha perso il 4, 79% a fronte del rialzo dei principali indici azionari internazionali. La crisi di Hong Kong ha avuto forti ripercussioni anche sui mercati globali, lusso in primis. Se Alibaba si prepara alla maxi quotazione, i grandi brand continuano a soffrire per il caos in atto in un territorio che è sempre stato tra le cinque maggiori destinazioni del lusso mondiale.