In particolare, l'azienda ha comunicato che a causa di un rallentamento produttivo di alcuni clienti fermerà gli impianti che sono ripartiti da alcuni giorni, facendo una vera e propria retromarcia. In una nota congiunta, Fim, Fiom, Uilm e Usb evidenziano «alcune criticità rispetto alla fase che attraversa lo stabilimento siderurgico di Taranto e ritengono inaccettabili e ingiustificate le modalità con cui l'azienda, a seguito di una comunicazione di ripartenza degli stessi impianti di pochi giorni fa, modifichi di fatto, quanto precedentemente comunicato». I sindacati ritengono che ci sia una «strategia già definita» e chiedono un immediato intervento da parte del Governo per «salvaguardare il futuro occupazionale e ambientale del territorio ionico vista la sua strategicità più volte ricordata nei decreti d'urgenza da vari governi che si sono succeduti in questi lunghi anni di vertenza ex Ilva». Al Governo, poi, si rivolge anche la Fiom Cgil con una lettera firmata da Giuseppe Romano e Francesco Brigati, denunciando «una situazione impiantistica che rischia il collasso qualora si dovesse continuare con un regime di produzione di ghisa negli altiforni al di sotto del minino tecnico.
Tale condizione - dice la Fiom - sta determinando grossi problemi agli stessi impianti che continuano ad avere continui stop and go sottoponendo, pertanto, gli altoforni ad un alto rischio di problemi di sicurezza e danneggiamenti impiantistici». Lo scorso aprile, segnala la Fiom Cgil, «a seguito di un incontro con le organizzazioni sindacali e il custode giudiziario Barbara Valenzano, ArcelorMittal comunicava la momentanea sospensione delle attività in corso nei cantieri impegnati all'attuazione delle prescrizioni dell'Autorizzazione integrata ambientale. Tale condizione - afferma la Fiom riportando la posizione dell'azienda - si rendeva necessaria al fine di ridurre il numero di personale delle ditte esterne all'interno dello stabilimento per il contenimento del Covid 19». Ma ad oggi, sottolinea la Fiom Cgil, «non risulta ci sia stato un atto formale da parte del Ministero dell'Ambiente, sia sulla sospensione che sulla successiva ripresa delle attività previste dal Dpcm del 27 settembre 2018.
ArcelorMittal si tira indietro sull'Ex Ilva, ecco quanto pesa la decisione su Taranto L'ultimo accordo risale al 4 marzo un lungo confronto legale, ArcelorMittal e Ilva in amministrazione straordinaria hanno trovato un accordo in tribunale a Milano, basato su un percorso che prevedeva per novembre 2020 nuova compagine con la partecipazione dello Stato e la ridefinizione dell'assetto produttivo. Col debutto a Taranto del forno elettrico, alimentato da rottame e preridotto di ferro, accanto agli altiforni tradizionali, che producono la ghisa dalla fusione dei minerali. Percorso da costruire nei mesi successivi a marzo, con un primo step importante a maggio sulla forza lavoro da impiegare sia nel transitorio che a regime. L'emergenza Covid ha però rimesso tutto in discussione. Nessuna trattativa ulteriore dopo la prima intesa di marzo, niente step occupazionale a maggio, nessun nuovo piano industriale da parte di ArcelorMittal, che nel frattempo non paga nemmeno l'ultima rata trimestrale del canone di affitto all'amministrazione straordinarioa, benché la rata sia stata dimezzata rispetto ai 45 milioni iniziali.