Questi telescopi sono posizionati in diverse zone della Terra. Event Horizon Telescope non è quindi solo un telescopio, ma una combinazione di telescopi collegati che creano un "telescopio virtuale di dimensione terrestre". In realtà i buchi neri sarebbero due: Sagittarius A*, con una massa di 4 milioni di volte rispetto al ostro Sole e che si trova al centro della nostra galassia, la Via Lattea, a 26 mila anni luce dalla Terra. Il secondo prende invece il nome di M87, fa parte della galassia Virgo e decisamente più grande distante: 55 milioni di anni luce e con una massa di 6, 6 miliardi di Soli. Un buco nero è una regione dello spaziotempo con un campo gravitazionale così forte che nulla, neanche la luce, può sfuggire all'esterno. "Fotografarlo" in senso stretto quindi sembra un ossimoro, non resta che attendere l'annuncio e le immagini per scoprire i risultati della ricerca. Aggiornamento ore 15:18: eccola qui, la prima immagine di un buco nero. Descritto dagli scienziati come un "mostro", l'immagine mostra un anello di polvere e gas, che traccia il contorno di un colossale buco nero, nel cuore della galassia di Messier 87, a 55 milioni di anni luce dalla Terra.
Sagittarius A* e il buco nero al centro di M87. Per quel che riguarda il centro della Via Lattea sappiamo che a 26 mila anni-luce da noi: «ha un orizzonte degli eventi -spiega ancora Gotti- che si estende per circa 24 milioni di chilometri (circa 17 volte più grande del Sole). Ciò corrisponde a un angolo sotteso nel cielo di soli venti microsecondi d'arco (equivalente a una mela sulla Luna vista da terra). Ecco perché "scattare una foto" a un oggetto cosi compatto sembrava di prima acchito una missione impossibile». L'APPORTO DELL'ITALIA Sono stati diversi gli scienziati italiani che hanno preso parte alla ricerca. Oltre a Ciriaco Goddi ci sono Luciano Rezzolla (Università di di Francoforte), coinvolto nel progetto fin dal 2014, va poi segnalata la ricercatrice Mariafelicia de Laurentis, ora professore ordinario all'Universita di Napoli (si e' unita al gruppo di Francoforte come esperta di teorie della gravitazione tre anni fa). Infine, nel 2018, sono stati coinvolti altri due fisici dell'Inaf: Elisabetta Liuzzo e Kazi Rygl.