Tuttavia, questo è stato possibile perché gli Stati Uniti possono ancora contare su una banca centrale (la Fed), laddove Berlino ha fatto ricorso ai fondi della Kfw, equivalente della nostra Cassa depositi e prestiti ma, al contrario di questa, atta ad aggirare i vincoli di spesa di Bruxelles. L'Italia, invece, si ritrova sguarnita non solo di una banca centrale pubblica che può stampare moneta, ma si riscopre anche incapace di sostenere concretamente le proprie aziende tramite la Cdp. Di qui l'elemosina del Cura Italia e le estenuanti trattative sui cosiddetti «aiuti europei». In poche parole: se il governo non prenderà misure drastiche, anche a costo di andare contro Bruxelles, il futuro che ci attende assomiglierà molto da vicino all'apocalisse. Valerio Benedetti
Si arriva così al 24 ottobre del 1929, passato alla storia come il "giovedì nero", giorno in cui si determina una grande corsa alle vendite dei titoli, che ne fa precipitare improvvisamente il valore: questi eventi svelano chiaramente le fragilità del sistema. Le vendite continuano anche nei giorni e nelle settimane seguenti: il martedì successivo - il 29 ottobre, anch'esso ricordato come "nero" - la Borsa brucia 24 miliardi di dollari, la metà del suo valore, e solo a metà novembre le quotazioni ritornano stabili. Intanto però milioni di americani hanno perso i loro risparmi e il crollo della Borsa ha trascinato nel baratro l'economia dell'intero paese. Si assiste infatti allo sviluppo di un circolo vizioso: coloro che avevano acquistato beni quali automobili, case o elettrodomestici tramite l'utilizzo di prestiti bancari si trovano sul lastrico, ma d'altro canto le forme di pagamento a rate hanno costituito uno dei fattori trainanti della crescita, in quanto hanno sostenuto la macchina produttiva anche al di sopra delle capacità di assorbimento del mercato.
Negli anni '20 le quotazioni dei titoli crescono esclusivamente per azione della grande domanda degli stessi. Gli stessi grandi uomini di affari incentivano la crescita della domanda al solo scopo di aumentare il valore del proprio portafoglio titoli. Nel momento in cui scoppia la bolla speculativa si innesca un processo contrario e rapido. Tutti cercano di vendere (liquidare) i propri titoli nel più breve tempo possibile causando il fulmineo ribasso del loro valore in borsa. Il fenomeno è definito preferenza per la liquidità. Il panico si diffonde dagli operatori di borsa ai semplici risparmiatori, i quali pur non possedendo azioni e titoli cercano di mettere al riparo i propri risparmi prevelevandoli in massa dai depositi bancari. La corsa agli sportelli causa la crisi della liquidità e il fallimento di molte banche e delle industrie in cui avevano investito. Dal 1929 al 1932 la produzione americana si dimezza. Il taglio sulla domanda di lavoro getta nello stato di povertà e di disoccupazione prolungata un'intera popolazione di lavoratori.
La crisi del 1929 ebbe molte cause, sia interne agli stati Uniti, dove si realizzò il primo terremoto finanziario della storia che ebbe uno dei suoi fulcri nel Giovedì nero di Wall Street, ma le cui cause e conseguenze erano assai più complesse di un crollo borsistico, sia a livello internazionale dove furono coinvolti molti paesi i una recessione spaventosa che durò diversi anni. Tuttavia la crisi iniziò ufficialmente con il crollo della Borsa di Wall Street che segnò la distruzione, in valore e in crescita, di molti settori industriali e imprenditoriali che fino agli anni '20 avevano avuto sia una crescita esponenziale di fatturato sia una crescita finanziaria parallela e ugualmente intensa. London Herald: Wall Street Crash La crisi coinvolse profondamente gli Stati Uniti d'America, colpendone duramente i salari e i prezzi al consumo e bloccandone gli scambi commerciali interni e internazionali, oltre ad aumentare il livello di disoccupazione sia nelle città industrializzate che nelle aree agricole e nelle zone minerarie: aree in cui la differenziazione occupazionale era pressoché impossibile perché non vi erano alternative al principale impiego.
Nel 1934 inizia la ripresa economica degli USA In poco tempo i benefici effetti del New Deal si fecero sentire in tutto il Paese; la situazione economica cominciò a migliorare dalla fine del 1934. La crisi americana del 1929 mise in risalto il nuovo e deciso ruolo dello Stato nell'economia. Questo intervento dello Stato in economia costituì un evento eccezionale. Fino ad allora, infatti, i sistemi economici si erano basati su principi opposti rispetto a quelli adottati da Roosevelt. In primo luogo si riteneva che lo Stato dovesse " lasciar fare " ai privati e consentire loro di svolgere qualunque attività economica in libera concorrenza. Si affermava poi che le imprese, per conseguire maggiori guadagni, dovessero mantenere bassi i salari degli operai. Roosevelt, invece, era convinto del contrario. Nella sua ottica, per far guadagnare le industrie era necessario mettere le persone nella condizione di comperare, quindi tenere le retribuzioni sufficientemente alte per accrescere i consumi.
Dopo la guerra e le pesantissime clausole del Trattato di Versailles la Germania e la Repubblica di Weimar erano state rimesse in moto dai piani di salvataggio americani Dawes e Young; tuttavia, l'ingente introito di capitali americani rende l'economia tedesca strettamente dipendente da quella americana. Con il tracollo azionario del 1929, in Germania e in Austria il sistema bancario collassa, dando il via ad una gravissima crisi monetaria e ad una inflazione galoppante. Il crollo dell'economia tedesca e la conseguente diffusione della disoccupazione costituiranno due elementi fondamentali per la propaganda del Partito nazista di Adolf Hitler, che salirà al potere nel 1933. Anche la Gran Bretagna deve fare i conti con la recessione: la sua spiccata vocazione commerciale e i suoi cospicui investimenti sia negli Stati Uniti sia in Germania la espongono infatti alle conseguenze dei giorni "neri" della Borsa di New York. L'allarme sulla solidità delle finanze inglesi che provoca un crollo della sterlina e molti investitori richiedono la conversione della moneta inglese in oro finché - una volta esaurite le riserve auree della Banca di Inghilterra - nel settembre del 1931 viene sospesa la convertibilità della sterlina e la moneta inglese viene fortemente svalutata.